MANOVRA DI STABILITÀ: nuove bastonate alla scuola pubblica 10/18/12
da Il Corsaro.info - All’indomani delle manifestazioni del 12 ottobre, il ministro Profumo aveva dichiarato, riferendosi agli studenti: “è dalla loro domanda che noi dobbiamo costruire. Credo che bisogna dialogare, anche ...
da Il Corsaro.info - All’indomani delle manifestazioni del 12 ottobre, il ministro Profumo aveva dichiarato, riferendosi agli studenti: “è dalla loro domanda che noi dobbiamo costruire. Credo che bisogna dialogare, anche esprimersi in modo forte [...]. E’ stata una grande dimostrazione di democrazia, la democrazia è anche questo”. Eppure i “bastoni” sono tornati, lo possiamo confermare. Li ritroviamo nella legge di stabilità, approvata il 10 ottobre in Consiglio dei Ministri.
Negli ultimi giorni erano circolate tante indiscrezioni sul testo, ora confermate, circa un miliardo di nuovi tagli. L’imperativo è “fare cassa”. Ormai ci siamo tristemente abituati ad associare ad ogni legge di stabilità una nuova sforbiciata alla scuola, è una costante che sembra ineliminabile.
Qualora il testo attuale fosse approvato in via definitiva, da settembre 2013 i docenti delle scuole primarie e secondarie saranno costretti a lavorare 6 ore in più senza aumento salariale. Questo provocherebbe un taglio delle supplenze temporanee, dei corsi di recupero e degli spezzoni orari, ossia quelle ore “avanzate” che non sono coperte dalle cattedre ordinarie. La finta “carota” dovrebbe essere rappresentata dai 15 giorni di ferie in più, che però, a ben vedere, non potranno essere fruiti nell’arco dell’anno scolastico.
Con l’aumento dell’orario di lavoro dei docenti, lo Stato risparmierebbe circa 721 milioni di euro, ma l’effetto sarebbe ben più grave. Secondo i primi calcoli, verrebbero tagliati circa 25 mila docenti precari, a cui vanno aggiunti altri 4 mila docenti per il sostegno agli alunni con disabilità.
Secondo un articolo di Luigi Illiano su Il Sole 24 Ore, calcolando complessivamente il risparmio dall’aumento dell’orario, dai tagli ai distacchi e dal comando del personale scolastico presso Miur, enti e associazioni, verrebbero tagliati all’istruzione circa 1 miliardo e 683 milioni di euro. Una bella bastonata per gli studenti e il personale della scuola pubblica, mentre le “carote” ingrassano ancora le private, che continuerebbero a ricevere 233 milioni di euro. Senza tener conto degli sprechi in altri capitoli della spesa pubblica, come quello relativo ai cacciabombardieri F35, che continuano ad essere nell’agenda del Governo nonostante la spesa sia lievitata del 60% sui 12 miliardi di euro previsti inizialmente, come ammette il generale Debertolis. Due delle tante contraddizioni difficili da digerire a fronte del continuo massacro non solo della scuola pubblica, ma dell’intero stato sociale.
Dopo mesi di proclami spot e di promesse non mantenute, dunque, il Governo non ci lascia dubbi ed infligge un ulteriore colpo all’istruzione pubblica, in perfetta continuità con le politiche della Gelmini che ci consegnano un sistema formativo già vessato da oltre 8 miliardi di tagli. La gravità della situazione è stata confermata ancora una volta dall’Ocse, che nella pubblicazione Education at Glance stila una classifica dei Paesi in base alla spesa pubblica sull’istruzione. L’Italia si trova al 31° posto su 37 Paesi, con una spesa che ammonta al 4,9% del Pil, contro una media del 6,2 %. Sul totale della spesa pubblica la spesa per l’istruzione rimane al 9%, contro una media Ocse del 13%, che ci colloca al 31° posto su 32.
È da anni che i movimenti del nostro Paese rivendicano una radicale inversione delle politiche che, sotto il mantra dell’austerity, smantellano l’istruzione pubblica e l’intero welfare state. Le studentesse e gli studenti italiani con le recenti mobilitazioni hanno ancora una volta ribadito l’assoluta esigenza di nuove risorse per l’istruzione. Dalla crisi si può uscire solo se si investe sul futuro, ripubblicizzando scuole e università, per renderle veramente accessibili e di qualità. Questa richiesta non proviene da una minoranza, come crede il ministro Profumo, dimostrando la sua concezione distorta di democrazia, ma è una necessità dell’intera società. Lo dimostreremo ancora una volta nei prossimi giorni, con il blocco di scuola e università durante le tre giornate di mobilitazione del 24, 25 e 26 ottobre lanciate dagli studenti che hanno occupato il Maschio Angioino a Napoli e la sede della Regione Lombardia a Milano al termine dei cortei del 12 ottobre. Occuperemo e autogestiremo i nostri luoghi della formazione per bloccare il PdL 953 (ex Aprea) e questi nuovi tagli, per liberare i saperi e il nostro futuro. Il cambiamento passa da noi, ora più che mai.
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