[editoriale] Movimento studentesco: proposte per ripartire
L’autunno è iniziato da tempo. A ogni mobilitazione urliamo a squarciagola “è solo l’inizio!”. Maquanti inizi abbiamo vissuto? Almeno un inizio per ogni stagione di mobilitazione. E’ possibile uscire da questo eterno ritorno e al tempo stesso non rinunciare a dare avvio a una grande stagione di lotte e di resistenza?
E’ evidente che dinanzi alla gravità della crisi attuale la risposta non è ancora adeguata. Lo sciopero generale del 6 settembre, il 7 ottobre degli studenti, sono stati importanti momenti di avvicinamento al 15 ottobre, che fin da subito abbiamo visto, in maniera non retorica, come un concreto punto di inizio, un momento di avvio di una mobilitazione di massa, che aldilà delle forme concrete, potesse divenire permanente.
Una parte, come abbiamo già scritto la più piccola ma la più visibile, degli eventi della giornata, ha oscurato la voglia di partecipare di oltre 500 mila persone, le loro idee per il cambiamento, la determinazione di chi ha proseguito in corteo fino a tarda sera attraversando la città. Gran parte del potenziale straordinario che abbiamo visto crescere di passo in passo, fin dalla partenza da un affollatissimo Piazzale Aldo Moro, non ha potuto dispiegarsi. Eppure noi studentesse e studenti sentiamo di aver interpretato il senso più vero di quella giornata: siamo rimasti uniti, di fronte alle divisioni nel corteo, siamo rimasti umani, di fronte al nichilismo come di fronte alla repressione, siamo rimasti in piazza, fino a sera, riprendendoci ancora una volta le piazze e le strade di Roma.
Il bagaglio di questi 3 anni di mobilitazione, in cui senza sosta abbiamo lottato nelle scuole e nelle università contro i dispositivi dell’austerity neoliberista, travestiti da legge 133 o da riforma Gelmini, ci ha reso più forti, più uniti, più consapevoli. L’anno scorso gran parte degli italiani, la stessa maggioranza assoluta che non a caso si è poi espressa nei referendum su acqua e nucleare, faceva il tifo per noi, si riconosceva nella nostra battaglia.
Ora dobbiamo tornare in piazza, per noi e per loro. Siamo convinti che il movimento studentesco non possa limitarsi ad essere semplicemente se stesso. Dobbiamo assumere su di noi la responsabilità di portare in piazza tutti coloro che l’anno scorso ci guardavano dalle loro auto bloccate nel traffico e applaudivano al passaggio dei nostri cortei. Ripartiamo dai nostri bisogni materiali (edilizia scolastica, borse di studio, didattica di qualità), affrontiamo queste lotte dentro la crisi consapevoli che, come diciamo da tempo, non si può condurre questa battaglia solo all’interno delle mura di scuole e università. Assumiamoci noi studenti la responsabilità di rompere gli indugi, gli schemi della vecchia politica, e riaprire una fase di mobilitazione in grado di coinvolgere davvero il 99% della popolazione.
Per questo è importante che molte realtà studentesche locali, aderenti all’Unione degli Studenti, a partire da un percorso dal basso di rilancio della mobilitazione, abbiano indetto cortei studenteschi per il 4 novembre. A Genova, Milano, Torino, Bari, Napoli, Roma, gli studenti torneranno in piazza nel giorno della festa delle forze armate per dire che vogliamo “più fondi agli studenti, meno fondi agli armamenti”; torneremo in piazza nelle nostre città, mentre i G20 si riuniscono a Cannes, per ribadire che oggi più che mai un altro mondo è possibile e necessario, che pretendiamo democrazia, che 20 sedicenti grandi o la BCE non possono decidere più sulle nostre teste, imponendo tagli, privatizzazioni, austerity.
Ma per un movimento globale serve ripartire dalla capacità di rafforzare legami e coordinamento internazionali tra i movimenti, e rilanciare la mobilitazione anche sui contenuti. In passato, il 17 novembre, giornata internazionale di mobilitazione studentesca, è stata un’occasione straordinaria di coordinamento tra le lotte nazionali sul tema dei saperi. E’ mancata però la capacità di un salto di qualità sui temi. Quest’anno il 17 novembre potrebbe essere la giornata in cui, come studenti, prendiamo parola sui temi dell’austerity, della necessità di costruire un’Altra Europa e respingere con forza questo modello di sviluppo che affama noi e distrugge il pianeta. Discutiamone tutti insieme, prendiamoci la responsabilità di avanzare proposte e dimostriamo ancora una volta che il movimento studentesco è in grado di darsi unitariamente degli obiettivi e di raggiungerli con determinazione.
La nostra proposta è semplice: cogliamo l’occasione. Facciamo del 17 novembre una giornata di mobilitazione che sappia andare oltre i cortei studenteschi. Riprendiamoci le piazze, organizziamo iniziative in tutta la giornata, apriamo le nostre scuole e le nostre università alla cittadinanza, costruiamo tutti insieme esperienze di mobilitazione permanente, spazi di dissenso e dibattito, laboratori di partecipazione democratica. Rendiamo esplicito e visibile il nostro appello al 99% a scendere in piazza e riprendere la parola.
Dobbiamo tenere aperto quello spazio di possibilità che abbiamo visto in piazza il 15 ottobre, dobbiamo tenerlo aperto e rilanciare, alla faccia di tutte le avversità, dei giochetti minoritari e politicisti e dell’ondata di repressione che colpisce tutte e tutti noi.
Serviranno radicalità e intelligenza, per riaprire una grande stagione di mobilitazione tesa a resistere a quest’attacco e capovolgere i rapporti di forza in Italia e nel mondo. Siamo pronti a ricominciare, ma non vogliamo ridurci a mera testimonianza. Noi non giochiamo, perché il futuro in ballo è il nostro, perché non possiamo permetterci che le cose restino come sono, perché non vogliamo limitarci a poter urlare “abbiamo ragione noi” tra le macerie di un mondo al collasso, non vogliamo dover dire una sola volta in più “è solo l’inizio”. Vogliamo andare fino in fondo, e cambiare davvero le nostre vite.