GENOVA – Noi, generazione senza futuro, Liberiamo i saperi!
Le piazze sono piene di una rabbia che ogni giorno urla più forte: una consistente parte della popolazione ha rotto gli indugi e deciso di scendere in piazza, ha deciso di reclamare i propri diritti, deciso che vuole smettere di continuare a pagare questa crisi in nome del rigore, dell’austerità e dei sacrifici. Persone stanche di sentirsi ripetere quotidianamente a reti unificate che“E’ necessario fare dei sacrifici”, “siamo sull’orlo del baratro” o che “Rischiamo di finire come la Grecia” per giustificare le peggiori manovre e la distruzione dello stato sociale e di ogni certezza sul futuro di studenti, precari, pensionati e lavoratori, disoccupati quando invece le risorse ci sono ma vengono impiegate in folli spese militari o in grandi opere inutili e dannose. Nelle piazze però c’eravamo sopratutto noi giovani: studenti e studentesse, precari e disoccupati, parte di una generazione senza garanzie che ogni giorno vede un futuro sempre più buio, incerto, traballante, in una parola: precario!
Siamo arrabbiati ma al tempo stesso consapevoli che questa situazione non dipende né da noi (come invece sostiene chi continua a chiamarci sfigati, bamboccioni e choosy) né da cause di forza maggiore di fronte alle quali non possiamo che desistere. Questa situazione deriva da anni di politiche sociali fallimentari dettate da quel’1% che ha portato a provvedimenti disastrosi su tutti i fronti, ottenendo come unico risultato l’allargarsi della forbice sociale. Dal Fiscal Compact alla riforma del Lavoro, dal decreto SalvaItalia alla riforma delle Pensioni, dai tagli alla sanità a quelli alla scuola pubblica, passando per tutte le “manovre correttive” la conseguenza immediata è che la crisi economica viene fatta pagare sistematicamente alle classi sociali più deboli.
In particolare le misure sulla scuola segnano un punto di non ritorno per l’istruzione pubblica: ai drammatici tagli che si sono abbattuti in questi anni sul sistema scuola, minandone gravemente l’efficienza e l’offerta formativa, si aggiunge ora la minaccia del progetto di legge 953 “Ex-Aprea”, che apre di fatto le porte delle scuole ai privati come solamente un anno fa aveva fatto la legge Gelmini per le Università. Fortunatamente grazie alle mobilitazioni nelle piazze, alle autogestioni e alle occupazioni questo progetto di legge è stato temporaneamente bloccato: tutto è rimandato alla prossima legislatura, una vittoria seppur piccola ma che ci dimostra che la nostra lotta porta a dei risultati concreti. Non è difficile immaginare le ricadute che questo quadro potrebbe comportare: l’offerta formativa e la produzione di saperi verrebbero completamente assoggettate a quelle che sono le logiche del profitto e del guadagno, è evidente che le decisioni all’interno della scuola verrebbero prese non più secondo ciò che è bene per lo studente ma secondo ciò che è conveniente per l’investitore! Si creerebbe poi una disparità sempre più elevata tra le varie scuole in quanto gli istituti meno “redditizi” susciterebbero scarso interesse negli investitori (banche , imprese, fondazioni) e si ritroverebbero con fondi ancora più scarsi! Inoltre l’abrogazione di molti articoli del testo unico sulla scuola darebbero la possibilità al nuovo consiglio dell’autonomia di cancellare diversi diritti degli studenti a cominciare dalla rappresentanza. Non si può non citare anche la situazione dell’edilizia scolastica: molte delle nostre scuole sono fatiscenti e pericolose, prive di attrezzature che ad ogni allerta meteo rischiano allagamenti o cedimenti, scuole dove nonostante sia già morto un ragazzo per un crollo continuano a cedere controsoffitti. Tutto questo avviene mentre le borse di studio sembrano sempre più un miraggio, i comodati d’uso sui libri di testo diminuiscono e i trasporti pubblici sono sempre più cari, rendendo difficile studiare per chi proviene da una situazione economica difficile e/o vive in periferia. Ribadiamo che il diritto allo studio invece deve essere un punto fermo per una società equa e solidale, una società nella quale può e deve esistere un futuro per tutti, mentre oggi il sapere e l’istruzione rischiano di non essere più un diritto ma un privilegio per un “élite” ristretta, uno strumento di controllo sociale.
Per questo autogestiamo, o occupiamo le nostre scuole, perché di fronte a una sempre maggiore privatizzazione dei saperi, di fronte alla privazione quotidiana di un diritto così fondamentale, intendiamo riappropriarcene costruendo nelle nostre scuole lezioni alternative , laboratori, dibattiti sia inerenti al nostro percorso di studi sia su temi di attualità che sui nostri particolari interessi, mettendo in pratica una produzione di saperi dal basso, restituendo ai saperi la loro natura di “bene comune”, contro la prassi secondo la quale le nozioni vengono calate dall’alto da un “docente” che le detiene a studenti che le recepiscono passivamente; autogestiamo quindi anche per rilanciare una nostra idea di didattica che renda lo studente protagonista del processo di apprendimento e che né sviluppi il senso critico. Autogestire quindi significa apprendere, condividere, imparare aiutarsi senza lo spirito della competizione ossessiva che ci vieni imposta quotidianamente.
La nostra iniziativa è quindi sia un atto di protesta verso i provvedimenti che stanno distruggendo la scuola pubblica, e non solo, sia una vera e propria riappropriazione dei processi di produzione dei saperi, la proposta di un alternativa concreta ai tradizionali modelli di scuola e istruzione.
Unione Degli Studenti Genova
Cassini Autogestito
Collettivo Deledda
CASEF
Majorana Autogestito
Collettivo 24 Aprile, Mazzini
CollettivoLiceo King
Klee Quarto