Finanziamenti certi per un’Altra Scuola completamente gratuita, di qualità e al passo con l’Europa 03/01/15
L’Italia investe solo il 4,2% del suo Pil per finanziare scuole e università e vanta un tasso di dispersione e abbandono scolastico tra i più alti d’Europa. Secondo il rapporto ...
L’Italia investe solo il 4,2% del suo Pil per finanziare scuole e università e vanta un tasso di dispersione e abbandono scolastico tra i più alti d’Europa. Secondo il rapporto OCSE “Uno sguardo all’istruzione” 2014, la spesa dedicata allo studente del ciclo superiore è inferiore del 28% rispetto alla media dell’OCSE. Il rapporto aggiunge che se la diminuzione della spesa pubblica non fosse stata parzialmente compensata dal finanziamento privato, la diminuzione delle risorse disponibili per le istituzioni del sistema d’istruzione sarebbe stata ancora più importante. Tra i 34 Paesi esaminati con dati disponibili, l’Italia è il solo Paese che registra una diminuzione della spesa pubblica per le istituzioni scolastiche tra il 2000 e il 2011, ed è il Paese con la riduzione più marcata (5%) del volume degli investimenti pubblici tra il 2000 e il 2011. Durante lo stesso periodo, la spesa pubblica media dell’OCSE destinata alle istituzioni del sistema d’istruzione è aumentata del 38%. Siamo ben lontani dalla media europea di finanziamento in istruzione e dagli obiettivi di Europa 2020.
La spesa per la scuola pubblica è andata drasticamente riducendosi negli ultimi 10 anni. Nel 1990 l’Italia spendeva per la scuola il 10,3% dell’intera sua spesa pubblica, nel 2008 questa percentuale si è ridotta di un punto sottraendo complessivamente alla scuola 80 miliardi di euro.
I dati fin qui snocciolati altro non fanno che sottolineare il particolare disinteresse politico che è stato ed è tuttora riservato all’istruzione pubblica, non raccontano però la situazione di grave difficoltà che vivono quotidianamente le scuole e le università, pubbliche solo a parole e privatizzate nei fatti. Il principale strumento di modifica degli assetti e della struttura del sistema scolastico italiano, utilizzato dai governi che negli ultimi anni si sono succeduti alla guida, è stato infatti quello dei tagli.
Il Governo Renzi, che inserisce in legge di stabilità fondi per la scuola pubblica, vuole farsi raccontare come in discontinuità con questro trend, ma in realtà non è affatto così. Renzi non investe sulla scuola, ma sulla sua “Buona Scuola”.
La legge di stabilità, infatti, all’art. 3 promuove la costituzione di un fondo specifico finalizzato alla realizzazione degli intervisti previsti da “La Buona Scuola” di 1 miliardo per il 2015 e 3 miliardi a decorrere dal 2016. L’iniziativa sarebbe da considerarsi positiva, se non fosse che questo fondo ad oggi è inesistente dal punto di vista giuridico e dunque non è per nulla chiaro quali siano le sue reali finalità. Questo finanziamento sarebbe destinato, secondo quanto riportato a seguito dell’emendamento Coscia-Senterini, “per le assunzioni, per il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro e per la formazione dei docenti e dei dirigenti”, capitoli di spesa non ancora certi nell’ammontare, ma che probabilmente non potranno essere finanziati in toto neppure con le cifre proposte.
Il Governo prevede all’interno di questa manovra tagli pari a 30 milioni a decorrere dal 2015 sulla legge 440/97 “Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa”.
Pensare di strutturare una nuova riforma della scuola senza agire sull’ordinarietà delle scuole è una idiozia: per prima cosa il Governo deve rifinaziare il fondo MOF per il Miglioramento dell’Offerta Formativa, che ha raggiunto circa i 643 milioni di euro a fronte dei 1389,21 di dotazione iniziale, con una riduzione di oltre il 50%. Il budget destinato alle scuole dalla ex 440 è stato sempre più tagliato ed utilizzato dal MIUR per finalità diverse dal miglioramento dell’offerta formativa: dai 345.6 milioni di euro del 1999 ai 78 milioni del 2013, utilizzati poi per 39 milioni per recuperare le posizioni economiche ATA e per 20 milioni per gli esuberi ex LSU, riducendosi a 19 milioni del 2014.
Per il 2012 secondo l’Flc-Cgil sono state stanziate cifre tali da far ricevere a ciascuna scuola circa 1000 euro, pari in media a 1,40 euro a studente.
Da un lato vi è il taglio ulteriore alla 440/97 contenuto nella legge di stabilità, dall’altro la promessa di investimenti sul MOF, rispetto ai quali non abbiamo potuto produrre una analisi, trattandosi di titoli e dichiarazioni sui giornali assenti totalmente dalla legge di stabilità e privi di impegni di spesa chiari e comprovati. Queste scelte mostrano l’incapacità del Governo di comprendere la situazione reale delle scuole. Già oggi le conseguenze dei tagli rendono difficile la gestione ordinaria degli istituti: si accorpano le classi, trasformandole in pollai non a norma, si riducono gli insegnamenti e si aumentano i “contributi volontari” delle famiglie (quasi 1 miliardo di euro su scala nazionale secondo l’Associazione Italiana Genitori), indispensabili alle scuole per garantire l’offerta formativa e le spese contingenti (cancelleria, sanitari, fotocopie, ecc…), è diventato difficile persino organizzare i cordi di recupero e formulare proposte per il Piano dll’Offerta Formativa.
Per noi le scuole non possono che ripartire da una vera autonomia scolastica, impossibile da realizzarsi senza le risorse finanziarie adeguate.
Contemporaneamente, mentre le scuole pubbliche subivano i tagli lineari degli ultimi anni, per quelle private i finanziamenti lievitavano: dal 2000 (anno dell’istituzione della legge sulla parità scolastica) al 2007 l’ammontare delle risorse è triplicato passando da 179 milioni a circa 545 milioni, senza contare i fondi stanziati dalle regioni e gli enti locali per i “buoni scuola” elargiti alle famiglie che scelgono quei percorsi.
Noi rivendichiamo un sistema di istruzione e formazione media completamente gratuita per tutti i soggetti in formazione, che realizzi un vero e proprio diritto allo studio per tutti. Anche per questo motivo siamo totalmente ed eticamente contrari ai finanziamenti privati, al crowdfunding ed al contributo volontario. Da un lato, infatti, riteniamo che sia necessario preservare i principi educativi su cui la scuola dovrebbe basarsi, dall’altro riteniamo che la scuola pubblica sia una responsabilità politica dello Stato, che i cittadini dovrebbero già finanziare con la tassazione generale. Per attuare ciò riteniamo fondamentale una Riforma del Sistema Fiscale. La costruzione di un sistema alternativo, infatti, non può prescindere da un processo che ricostruisca una visione politica, sociale e culturale dei percorsi formativi e delle istituzioni pubbliche a ciò preposte, invertendo l’idea, in parte accettato nel corso degli ultimi anni, di istruzione come spesa privata, e di istruzione come una attività con la quale “non si mangia”. Pertanto proponiamo che il Governo si impegni a richiedere l’esclusione degli investimenti in Istruzione dal patto di stabilità interno, al fine di adempiere quanto più efficacemente possibile alle responsabilità Costituzionali.
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Portare l’investimento sull’Istruzione dal 4,7 % al 6,5 % del PIL
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Svincolare l’investimento su istruzione, università e ricerca dai vincoli dai vincoli di spesa
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Modificare la L. 62/2000 negli art. 3, 12-17 per abolire i fondi statali per le scuole paritarie private senza intaccare gli istituti comunali parificati.
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Aumentare i fondi destinati all’autonomia scolastica. Occorre rifinanziare per oltre 300 mln di € la legge 440/97 per ripristinare almeno le condizioni del 2001 e rifinanziare il MOF di oltre 600 milioni di € per ripristinare la dotazione originaria. Prevedere inoltre un piano graduale di rifinanziamento che porti i fondi ad aumentare.
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Finanziare per almeno 10 mln di € il DPR 567 per promuovere progetti studenteschi coordinati dai Comitati e dalle associazioni degli studenti e promuovere la scrittura collegiale del Piano dell’Offerta Formativa (POF) e dei curricoli all’interno di Commissioni Paritetiche di studenti e docenti;
- Finanziare immediatamente iniziative di formazione di tutti docenti sulle innovazioni pedagogiche e didattiche da poter apportare nelle classi, oltrechè sui temi dell’integrazione, dell’intercultura e sull’insegnamento dell’italiano come seconda lingua, senza legare l’attivazione di questi corsi a criteri di merito o demerito come il recente DL istruzione fa;
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