Edilizia scolastica, non c’è solo la sicurezza 06/23/14
di Benedetto Vertecchi, da l’Unità NEL PROGRAMMA DI GOVERNO È STATA GIUSTAMENTE RILEVATA LA NECESSITÀ DI PORRE MANO ALLA RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO DELLE SCUOLE. In troppi casi ci si ...
di Benedetto Vertecchi, da l’Unità
NEL PROGRAMMA DI GOVERNO È STATA GIUSTAMENTE RILEVATA LA NECESSITÀ DI PORRE MANO ALLA RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO DELLE SCUOLE.
In troppi casi ci si trova di fronte a edifici originariamente destinati ad altri usi e spesso privi d’impianti di sicurezza. È ancora peggio quando le scuole sono ospitate in costruzioni abbastanza recenti, ma che appaiono, dopo non molti anni, rapidamente degradate. Quel che colpisce (ovviamente, in una realtà così complessa com’è quella del sistema scolastico, non mancano le eccezioni) è la povertà delle ipotesi educative. La conformazione più ricorrente degli edifici prevede lunghi corridoi sui quali si affacciano le aule. Ci sono poche aggiunte da fare: ambienti di servizio, uffici amministrativi e, quando va bene, qualche spazio specializzato, come le palestre. Qualcosa di meglio era stato realizzato sotto l’influenza della cultura positivista, quando i progetti edilizi incominciarono a tener conto sia dell’esigenza di assicurare il benessere fisico degli allievi, sia di quella di sostenere le attività didattiche attraverso un’opportuna organizzazione degli spazi. In altre parole, costruire scuole doveva essere considerato il risultato di una progettazione educativa. Molti edifici scolastici, costruiti prima della rapida crescita della scolarizzazione conseguente alla riforma della Scuola Media del 1962, interpretavano un’idea dell’attività didattica che, se per molti aspetti, è abbastanza lontana dalla sensibilità attuale, per altri mostrava importanti aperture nei confronti delle diverse dimensioni dell’esperienza che concorrono a conferire spessore al profilo culturale degli allievi. Incominciavano a essere poste in discussione le ragioni della polisemia che in italiano si associa alla parola classe: così si chiama la stanza in cui si svolgono le lezioni (in questo senso, classe è sinonimo di aula), il gruppo di studenti che costituisce una suddivisione organizzativa dell’insieme (la sezione), la posizione raggiunta nel percorso di studio (iscritto alla seconda classe, alla terza classe eccetera). Era una polisemia dalla quale derivava l’esigenza di un’organizzazione edilizia che ribadisse la continuità tra i diversi significati, e che era posta in crisi dal moltiplicarsi di spazi non riconducibili all’una o all’altra (o a nessuna) delle accezioni elencate. Era il caso dei laboratori (di fisica, chimica, biologia ecc.), delle collezioni (mineralogiche, zoologiche ecc.), degli ambienti per la musica e per il teatro, degli spazi per il giardinaggio e l’orticultura. Con la rapida crescita della popolazione scolastica nella seconda metà del Novecento si è tornati a considerare le aule l’unità di misura per l’edilizia scolastica. Si poteva comprendere un simile atteggiamento nella fase più rapida dello sviluppo della popolazione scolastica, quando per far fronte alla crescita della domanda di istruzione occorreva organizzare le lezioni in più fasce orarie, che impegnavano le strutture dal primo mattino al pomeriggio avanzato (erano moltissime le scuole che dovevano ricorrere ai doppi e ai tripli turni). La situazione che abbiamo di fronte è però molto diversa, sia perché alla fase di crescita del numero degli allievi ha fatto seguito la loro progressiva diminuzione, in conseguenza della caduta dei tassi di natalità, sia per la costruzione di nuovi edifici che hanno integrato il patrimonio preesistente e, in parte, hanno sostituito quello meno idoneo ad accogliere le attività scolastiche. Ma, proprio perché il quadro si è profondamente modificato, emergono senza attenuanti i limiti delle scelte che hanno caratterizzato le scelte relative all’edilizia scolastica. Con le solite eccezioni, che è del tutto lecito attendersi in un Paese come l’Italia, nel quale operano tante migliaia di scuole, è difficile non rilevare la qualità scadente degli edifici realizzati nei decenni passati e, negli anni più recenti, l’assenza di adeguati interventi di manutenzione. Sono stati realizzati progetti che hanno continuato a considerare l’aula come l’unità di riferimento. In breve, si sono costruite scuole avendo in mente una concezione arcaica della didattica e, quando si è voluto bruciare qualche granello d’incenso alla modernizzazione, ci si è accontentati di cablare alcuni ambienti, disperdendo risorse ingenti per dotazioni che nel frattempo hanno fatto il loro tempo (e che spesso hanno avuto, se l’hanno avuta, un’utilizzazione del tutto marginale). Se il governo, come il presidente Renzi si è impegnato a fare, vuol mettere mano a una riqualificazione del patrimonio edilizio delle scuole dovrebbe, per cominciare, riprendere la definizione di un progetto educativo nel quale siano espliciti gli intenti che si vogliono perseguire. Non si tratta solo (anche se è necessario) di assicurare la sicurezza delle strutture edilizie. C’è bisogno di pensare alla proposta educativa che occorre elaborare. C’è una grande tradizione culturale, italiana ed europea, da salvaguardare. Ci sono nuovi apporti, quelli degli immigrati, da valorizzare. Ma c’è anche la necessità di creare ambienti nei quali consentire quelle esperienze (percettive, verbali, operative) che è sempre più raro che i bambini e i ragazzi siano in condizione di compiere negli ambienti della vita quotidiana. Sono esperienze che nella maggior parte dei casi sono in contraddizione con i condizionamenti consumisti dai quali gli allievi sono avvolti: definire un progetto educativo vuol dire, innanzi tutto, compiere scelte in autonomia e non lasciare che il mercato sia arbitro del profilo culturale della popolazione. Se, come è accaduto altrove, ridefinire gli intenti dell’educazione vuol dire aumentare il tempo che gli allievi dovranno trascorrere nelle scuole (non per fare lezione, ma per compiere le esperienze alle quali si è fatto riferimento), le scelte che riguardano l’edilizia scolastica devono favorire lo svolgimento di attività individuali e di gruppo, le interazioni collegate a questo o quell’impegno, la collaborazione in compiti di utilità comune. Impegnarsi nella qualificazione del patrimonio edilizio delle scuole può essere un punto d’avvio per la ripresa dello sviluppo della scuola.
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