Disuguaglianze e divario nord-sud: i problemi della formazione tra le righe dell’annuario Istat 01/04/16
I dati contenuti nell‘annuario Statistico dell’Istat provocano la reazione degli studenti della Rete della Conoscenza L’Istat conferma delle pericolose tendenze sull’istruzione che il Governo non solo non vuole risolvere, ma ...
I dati contenuti nell‘annuario Statistico dell’Istat provocano la reazione degli studenti della Rete della Conoscenza
L’Istat conferma delle pericolose tendenze sull’istruzione che il Governo non solo non vuole risolvere, ma che in certi casi tende ad avvallare. E’ il caso, per l’appunto, dell’aumento degli iscritti ai percorsi triennali di istruzione e formazione professionale, +27.077 alunni rispetto all’anno precedente, un dato viziato dalla situazione economica delle famiglie, che sono costrette a scegliere un percorso apparentemente più vicino al mondo del lavoro, dall’idea che studiare a lungo non serva a nulla, Poletti docet, e dall’attacco culturale alla presunta “licealizzazione” dell’istruzione. Questo dato, se affiancato al tasso di partecipazione al sistema formativo nel suo complesso, che cala passando dal 99,3% a 98,6, e all’aumento dei ripetenti, in aumento di dell’1,7%, conferma la forte selezione e chiusura delle scuole, incapaci di attuare politiche di recupero e di abbattimento della dispersione scolastica.
Rispetto ai percorsi universitari si registra una flessione negativa dell’1,9% degli iscritti. Il dato peggiore però è la distribuzione geografica di questi ultimi. Infatti le università del Nord raccolgono quasi il 41 per cento del totale degli iscritti mentre poco meno del 34 per cento degli studenti sono iscritti negli atenei del Mezzogiorno. Questo dato conferma il declino del sistema universitario al sud, particolarmente colpito dalle politiche di ripartizione dei fondi di questi anni. Inoltre è allarmante il dato complessivo del numero dei laureati: nel 2014, la quota di residenti in possesso di un titolo universitario è pari al 12,7 per cento, percentuale che si innalza di una decina di punti percentuali considerando solo le generazioni più giovani, ma che resta comunque lontana dagli obiettivi europei.
Le disuguaglianze si riproducono non soltanto nell’accesso all’istruzione, ma anche nel proseguimento degli studi: tra i diplomati negli istituti tecnici e professionali prosegue gli studi solo, rispettivamente, il 19,9 e il 6,7%, segno evidente anche dell’inconsistenza e dell’inaccessibilità in termini di welfare dei sistemi di istruzione terziaria più professionalizzanti, a partire dagli ITS. Drammatiche le disparità territoriali sull’occupazione dei diplomati: mentre al Nord-est si attesta al 60%, nelle Isole precipita al 38%, palesando la mancanza, soprattutto al Sud, di politiche occupazionali pubbliche e di investimenti sull’innovazione di processo e di prodotto. Infine, i dati confermano come gli studi universitari favoriscano l’inserimento nel mercato del lavoro (a 4 anni dal titolo lavora il 48,9% dei diplomati, contro il 63,9% dei laureati triennali e il 75% dei laureati a ciclo unico), ma approfondendo le statistiche emergono profonde disparità territoriali e di genere: i disoccupati con laurea triennale superano il 20 % nel mezzogiorno mentre si attestano sul 10 % al nord, inoltre le laureate hanno una relativa difficoltà rispetto agli uomini a trovare (o mantenere) un’occupazione specie per alcuni gruppi disciplinari.
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