Oggi gli studenti hanno manifestato in 100.000 mila in tutta Italia nella giornata nazionale di mobilitazione del #10o indetta dall’Unione degli Studenti. Da Torino a Roma a Napoli il mondo dell’istruzione dà la sveglia al Paese e protesta contro la buona scuola e il jobsAct di Renzi, due progetti collegati che vedono da un lato scuole sempre più appiattite sulle esigenze delle imprese e dall’altro un mercato del lavoro sempre più escludente e ingiusto.
Abbiamo riempito 100 piazze del Paese perché non vogliamo più restare spettatori di fronte a un Governo che in nostro nome vuole distruggere i diritti all’interno delle scuole come dei luoghi di lavoro, instaurare la precarietà come sistema strutturale, instillare la competizione e la valutazione come strumenti di divisione e controllo, far trionfare definitivamente il neoliberismo come modello economico e sociale. L’idea di scuola che traspare dal progetto del Governo ci fa rabbrividire: la Buona Scuola di Renzi apre le porte agli interessi e ai finanziamenti delle imprese; da più poteri ai presidi; valuta e punisce docenti, studenti e scuole; assume la competizione e le classifiche premiali come unico fine; si appiattisce alle esigenze di un mercato del lavoro che ha bisogno di manodopera a basso prezzo, precaria e senza diritti; abbandona il suo fine educativo a favore di contratti di apprendistato, ossia lavoro gratuito e senza alcuna valenza formativa; finanziarizza gli strumenti per abbattere la dispersione scolastica. La risposta del governo alle piazze non solo è sorda ma è una provocazione inaccettabile. Il governo con la legge di stabilità taglia la scuola, l’università e la ricerca per oltre 1mld di euro: è il settore più martoriato dell’intera finanziaria. Credono che il futuro della nostra generazione e quello del Paese sia un gioco? Senza la volontà politica di rifinanziare l’istruzione pubblica non c’è nessuna buona scuola e l’enorme partecipazione alle proteste di oggi dimostra che gli studenti lo sanno e non accettano la retorica spicciola del governo. Il governo vorrebbe ingannarci: vuole finanziare la buona scuola coi tagli ai fondi per l’università, reperendo le risorse per i famosi 80 euro in busta paga decurtando ulteriormente le borse di studio.
E’ un gioco di prestigio mediocre che le piazze di oggi hanno denunciato con striscioni, azioni e flash-mob e che contrasteranno proseguendo la mobilitazione dentro gli atenei e le città. Continueremo ad animare il Paese non soltanto per contestare ma anche per creare una radicale proposta dal basso che parta dai veri bisogni di chi studia e di chi non riesce più a studiare. Le alte percentuali di dispersione scolastica e di NEET sono il segnale di un Paese che non crede più nell’istruzione e nella conoscenza come strumenti di emancipazione. Rivendichiamo una Legge Nazionale sul diritto allo studio, massicci investimenti sul welfare studentesco attraverso l’istituzione di un reddito di formazione e di inserimento ad essa, al fine di raggiungere la completa gratuità dell’istruzione. Ripartire da un forte investimento pubblico sul diritto allo studio e sul welfare non significa soltanto abbattere le barriere economiche di accesso ai saperi, ma cambiare un modello di sviluppo ormai insostenibile.Dalla crisi non si esce trasformando le scuole in fucine di precari ricattabili, senza competenze critiche e senza consapevolezza dei propri diritti, ma investendo in istruzione e ricerca per abbattere le disuguaglianze e costruire un’altra società dove ognuno abbia le stesse opportunità e possa determinare i processi produttivi.
Gli studenti hanno tante idee per cambiare la scuola: riforma dei cicli puntando ad un biennio unitario e ad un triennio specializzante per abbattere la canalizzazione precoce; innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni; didattica alternativa e laboratoriale; valutazione narrativa e processuale; stages di qualità; nuovi diritti e maggiore partecipazione; strutture sicure e moderne; nuovi programmi aperti alle differenze culturali, sessuali e religiose. Vogliamo una scuola della partecipazione e del pensiero critico, dove è possibile interrogarsi anche sul cosa si studia, determinando gli obiettivi didattici. La consultazione del Governo non è assolutamente bastevole oltreché tendenziosa e populista. Si ascoltino le piazze, perché la democrazia ha bisogno del protagonismo dei soggetti sociali!
Non siamo soli, a conferma di quanto la giornata di oggi possa diventare la scintilla per un autunno denso di mobilitazioni. Con noi ci sono insegnanti, precari e studenti universitari, tutti coloro che oggi subiscono l’offensiva sul piano dei salari e del diritto allo studio e al lavoro. Renzi, con il Jobs Act, porta a compimento il processo di distruzione delle conquiste ottenute dalle lotte dei lavoratori, proseguendo sulla strada della flessibilizzazione del mercato del lavoro, conferendo maggiori possibilità al datore di lavoro di licenziare, controllare e demansionare i propri lavoratori. Eppure in questi giorni i senatori hanno dato la fiducia al JobsAct noncuranti delle conseguenze disastrose che potrebbe portare.
Oggi le piazze degli studenti l’hanno non soltanto criticato ma hanno sfiduciato l’azione tutta del governo, dall’istruzione al lavoro. Serve un estensione dei diritti, un lavoro dignitoso e non più precario, un reddito minimo che garantisca ai giovani tutti condizioni di vita realmente migliori. Il governo punta invece solo a portare a casa riforme che aumentano strutturalmente le disuguaglianze sociali del nostro Paese. La mobilitazione non si arresterà e nelle prossime settimane continuerà a dare battaglia a chi ci vuole sempre più precari, dalla scuola al lavoro.
Non un passo indietro!