TEST INVALSI ALLA MATURITA' – IL NO DEGLI STUDENTI
Il 4 Aprile si è tenuto il seminario per la presentazione dei quadri di riferimento per le prove a conclusione del II ciclo d’istruzione. Gli interventi dei dirigenti INVALSI e del ministro Profumo (visionabili in streaming a questo link) hanno delineato il processo politico che si intende mettere in campo, di qui a 3 anni, per estendere i test INVALSI all’ultimo anno delle superiori, come previsto dal regolamento del Servizio Nazionale di Valutazione approvato il mese scorso.
Per quest’anno i test verranno introdotti sperimentalmente in alcune classi campione, saranno somministrati a Maggio e non intaccheranno quindi l’esame di maturità del 2013. Nel 2014 invece la rilevazione, sempre somministrata a metà anno scolastico, sarà censuaria, coinvolgerà cioè tutti gli studenti di tutte le 5^ classi e i risultati potranno essere utilizzate come:
- elementi di valutazione degli studenti, utili alla definizione del voto dell’esame finale
- elementi di orientamento e di selezione per l’accesso degli studenti all’università
Non viene esplicitato a chi spetterà decidere della finalità delle prove (se alla scuola, al MIUR o all’Istituto di Valutazione) né si chiarisce la misura in cui i test incideranno sull’esame di maturità o sull’accesso all’università. Gli ambiti disciplinari di cui s’occuperanno i test saranno l’italiano, la matematica e l’inglese, per quanto riguarda quest’ultimo si ipotizza una prova d’inglese a sé stante o una serie di quesiti da integrare nelle altre 2 prove. A partire dal 2016 potranno essere compilati solo tramite computer e saranno diversificati in base agli indirizzi di studio degli istituti, introducendo cioè quesiti inerenti agli ambiti disciplinari caratterizzanti dei percorsi di studio.
Il piano d’investimento finanziario e politico che INVALSI e MIUR progettano sui test INVALSI per i prossimi anni è dannoso per la scuola pubblica e profondamente antidemocratico. Sono anni infatti che gli studenti protestano contro il modello d’istruzione che i test incarnano e rivendicano priorità politica e finanziamenti su temi della massima urgenza quali il diritto allo studio, l’edilizia scolastica, una riforma della didattica che parta dal basso, coinvolgendo la scuola nei territori. Nelle piazze di quest’autunno e coi boicottaggi del Maggio scorso in migliaia hanno rivendicato una scuola aperta a tutti, finanziata dal pubblico, capace di valorizzare e recuperare tutte le differenti intelligenze, invece di schedarle ed espellerle dai percorsi formativi.
I test infatti, somministrati non a caso censuariamente a tutt* gli student*, più che fornire dati neutri all’indagine statistica, vogliono orientare la didattica sul lungo periodo, adeguandola ai propri contenuti e alle proprie modalità. Il “teaching to test – l’insegnamento in funzione dei test standardizzati” sta ad indicare un’approccio didattico allenato a non considerare tutto quanto i test non considerano (creatività, interessi e capacità così come gap e limiti), esso non è un effetto casuale delle rilevazioni ma il frutto di una precisa volontà politica. Quello che ci stanno imponendo è una vera e proprio riforma calata dall’altro, una riforma non soltanto della didattica e della valutazione ma della scuola tutta. Crediamo che il “colpo di mano” di un governo in scadenza, che si sarebbe dovuto occupare solo di questioni amministrative, sia ancor più grave viste le condizioni emergenziali in cui versa la scuola pubblica, dopo anni di definanziamenti e cattive politiche, e alla luce degli effetti negativi prodotti da questo modello di valutazione in Paesi, come la Finlandia, che prima di noi hanno scelto di adottarlo.
Scampato pericolo per i diplomandi di quest’anno? In parte si, ma c’è poco da gioire. Ad 8 anni dall’imposizione delle rilevazioni in tutte gli snodi cruciali della scuola pubblica (5^elementare, 3^media, 2^superiore) l’introduzione dei test INVALSI all’ultimo anno delle superiori rappresenta solo la fase finale di un processo che stravolge strutturalmente il modo di fare scuole: in questo senso la “gradualità” con cui i test verranno introdotti e il fatto che non andranno a sostituire la 3^prova sono considerabili, al più, atti di obbligata prudenza. Si ipotizza inoltre che i test INVALSI, somministrati a Maggio dell’ultimo anno delle superiori, non soltanto possano influire sul voto finale dell’esame ma possano servire per decidere l’ammissione o la non ammissione degli studenti all’università. E’ palese che i test non saranno, e forse non lo sono mai stati, un’indagine statistica scientifica: essi non tutelano la privacy degli studenti ma li “schedano” fin dai primi anni di scuola, sono il volano per estendere il modello del “numero chiuso” all’istruzione tutta.