Antimafia
L’Unione degli Studenti si è posta da sempre, nei suoi oltre 17 anni di vita, l’obiettivo non solo di cambiare le condizioni materiali di chi ogni giorno vive i luoghi della formazione, ma costruire un tessuto culturale radicalmente alternativo al modello culturale tanto delle mafie, come fenomeno sotto culturale capace di violentare il territorio, tanto delle forme di neo fascismo nate in Italia dal dopoguerra, una cultura individualista, xenofoba, omofoba, razzista e autoritarista.
La memoria delle vittime di mafie, non come ricordo o commemorazione, ma come presa d’impegno individuale e collettiva per distruggere le Mafie nel nostro Paese. Praticare l’antimafia sociale, come pratica quotidiana all’interno delle nostre realtà associative e nelle nostre scuole ha dimostrato una continua crescita di consapevolezza negli ultimi anni. Se a fondare l’UdS, infatti furono anche reti di realtà locali del Sud che si contraddistinguevano per la lotta alle Mafie, ora siamo arrivati a diffondere anche nelle realtà locali del Nord la consapevolezza del fatto che le mafie non sono solo un problema del Mezzogiorno, ma bensì dell’interno Paese e anche oltre. Abbiamo dismesso da tempo la retorica sulla legalità, parola fin troppa abusata nei dibattiti politici italiani, e abbiamo preferito da anni di praticare la costruzione dal basso di un modello vero di Giustizia Sociale, fatta di centinaia di tasselli reali nelle scuole e nei territori di denuncia e punti di informazione e formazione di vera cultura. Sappiamo che per contrastare le Mafie questo non basta. Pensiamo innanzitutto che Libera, intesa nel suo senso primo di rete di associazioni, nomi e numeri sia il principale interlocutore per costruire sui livelli territoriali ampi fronti di lotta all’avanzata delle mafie. Prendere atto che le mafie sono un fenomeno sociale, culturale ed economico vuol dire sapere articolare una risposta politica che sia altrettanto sociale, culturale ed economica. Per questo è fondamentale parlare di welfare, di risanamento delle periferie, di investimenti nelle scuole aperte il pomeriggio, di lavoro, di un sistema economico che abbia una controllabilità negli appalti e che si riappropri di tutto il sommerso economico e di tutta la ricchezza che le mafie sottraggono speculando.
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- 100 passi contro le mafie - Campagna antimafia 2012 (707)
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- 21 marzo_ “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”
- Mafia e TAV: operazione Minotauro
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- Dossier Liguria a.c.d. Libera contro le mafie
- Sacra Corona Unita: la mafia fluida
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Le mafie sono un fenomeno complesso che non può essere né compreso né combattuto se non considerato nei suoi moltemplici aspetti: da quello economico a quello sociale, da quello politico a quello culturale, fino a quello ambientale. Per questo, pur tenendo conto della non unitarietà delle mafie, queste costituiscono dei sistemi sociali alternativi, in forma para-statale, capaci di intrecciarsi col tessuto nel quale si instaurano, in una zona grigia di sconfinata ampiezza (zona di espansione). Nel suo aspetto sociale le Mafie si sostituiscono completamente allo stato in diverse zone del Paese, dal Sud alle Periferie del Nord Italia: offrono lavoro, sistemi di tutela, sicurezza, benessere economico, posizione sociale.
Le Mafie sono uno dei fenomeni più dinamici degli ultimi secoli in Italia. Dentro il processo di finanziarizzazione dell’economia, le Mafia si sono trasformate: non sono più solo le Mafie del contrabbando di sigarette, dello spaccio e degli illeciti visibili. Le Mafie sono diventate broker e imprenditori di grande successo: hanno a disposizione grande liquidità e possono rischiare senza grossi problemi. Oltreciò nell’economia globalizzata esse si sono dotate di strumenti di scambio internazionale: non è un caso infatti che la mafia più affermata a Milano, la ‘ndrangheta, sia appunto quella con i migliori collegamenti oltreoceano, cioè i cartelli colombiani della droga. Una Mafia quindi che accumula denaro con i meccanismi d’illegalità più diffusa: l’azzardo, gli appalti illegali, lo spaccio, la protustizione, tra gli illeciti più importanti, e che si ripulisce riciclando denaro in borsa o investendo in grandi patrimoni immobiliari in giro per il mondo (i più grandi locali al centro delle Capitali europee sono in mano alle Mafie) e rilevando grandi imprese. Spostare velocemente per il mondo enormi quantità di denaro è un’operazione fondamentale per far ‘perdere le tracce’ del denaro sporco. Traffici di droga, armi, esseri umani ed ecomafie sono le principali voci di un bilancio stimato di quasi 135 milardi di euro. Ma è importante rendersi conto del fatto che l’economia sommersa in Italia costituisce più di un quarto del Pil e che pesa sull’economia del centro-nord quasi il doppio di quanto non pesi nelle regioni del Mezzogiorno. Del resto le Mafie, come sanguisughe espropriano le ricchezze fino ad esaurirle. Infatti le mafie si concentrano là dove vi sono ampie possibilità di facile profitto e non sono solo in grado di sviluppare un’economia parallela, ma di offrire prodotti e servizi illeciti da vendere a un mercato ‘legale’ che sempre più spesso si fa motore della domanda di tali servizi, diventando dunque traino per l’espansione delle mafie. Convenienza e relazioni sono la perfetta ricetta di successo che le cosche hanno sviluppato nel Nord Italia, una zona dove benché le mafie sono presenti spesso da decenni, risultano quasi totalmente prive di ‘antidoti’ culturali: la presunta superiorità morale e una conoscenza stereotipata della mafia sono una benda sugli occhi che regala ai boss eccezionali possibilità di espansione e radicamento.
Se infatti la subcultura mafiosa assume al suo interno le caratteristiche di un totalitarismo, essa assume nella società tutte le gradazioni della scala dei grigi: sono mafiosi in giacca e cravatta che trattano con imprenditori con la ricca imprenditoria del nord, sempre più mafiosizzata. La legalità diventa una maschera, un’alibri opersino una tutela. E’ un grigiore etico che non ha difficoltà a diffondersi perché può viaggiare sul vasto terreno del grigiore culturale. Ma le tinte diventano subito più scure quando si passa per chi dei mafiosi è subalterno: nero è il lavoro dei braccianti agricoli stagionali sfruttati da aziende di cui non sanno il nome e vessati dai caporali, a Nardò come a Latina. Ma il caporalato non è solo per chi raccoglie i pomodori: lo stesso sistema funziona anche per i cantieri del nord nelle macellerie emiliane come nell’edilizia delle grandi opere del nord.
La leva forte di questi meccanismi può essere chiamata in molti modi, a seconda di come la guardi, ma è sempre la stessa: paura, insicurezza, ricatto, precarietà. E’ la paura di perdere un lavoro che non sia ha, l’insicurezza generata da un ambiente corrotto in ogni sua declinazione, il ricatto sotto violenza, il ricatto sociale; la precarietà di un’esistenza minacciata sul posto di lavoro per mancanza di tutele, o per strada dalla cieca violenza di un clan camorrista. Le mafie conservano i propri valori, tutelano l’integrità dell’organizzazione criminale, ma sono dotate di una straordinaria capacità di trasformazione e adattamento. Gli elementi di compatibilità fra sistema mafioso e capitalismo sono numerosi perché spesso e volentieri partono da assunti analoghi. Se per il primo il denaro è uno strumento per accrescere il potere, per l’altro è speculare. Se il mafioso sottrae la ricerca del potere a vincoli di legge, il capitalista vuole sottrarre ai vincoli di legge la ricerca del denaro. E se è vero che fra denaro e potere c’è un legame strettissimo noteremo che non è troppo difficile vedere uno nel ruolo dell’altro.
Ci interessa costruire un’ idea di antimafia sociale, capace di attaccare quegli elementi di sistema che sono compatibili con la criminalità organizzata e ne rendono possibile l’esistenza. Contrastare in questo caso significa proporre un’alternativa di società fondata non su profitto e sopraffazione, ma su uguaglianza e cooperazione; non su violenza e affermazione individuale o familistica, ma su beni comuni e collettività. Solamente rimuovendo le cause sociali ed economiche che creano le vere e profonde diseguaglianze, che ci consegnano un mondo di ingiustize e sopraffazione, potremo costruire la vera giustizia sociale. Per questo nelle scuole e nelle università dobbiamo lavorare ogni giorno ribaltare quel paradigma culturale, che striscia silenzioso, fatto di omertà, violenza e autoritarismo; solo così sarà possibile distruggere le mafie. E’ necessario rinnovare il ruolo del pubblico, dandogli nuova forza. Troppo spesso esso è sinonimo di malagestione, corruzione; esso deve invece assolvere a un ruolo di tutela dell’interesse collettivo e dei beni comuni. Se infatti alcune parole hanno perso di senso è necessario riempirle nuovamente di significato: anche la parola ‘politica’ deve tornare a collegarsi alla partecipazione e non al clientelismo. Corruzione, favori, voto di scambio. La Mafia si garantisce sicurezza e stabilità, tramite la collusione col sistema politico e istituzionale da ormai mezzo secolo. Fra mondo politico, economico e sociale vi è sempre un legame indissolubile, ma è la qualità di questo legame che può portare a un sistema di intrecci criminali piuttosto che di giustizia sociale.
Vogliamo fare uno sforzo per ascoltare le voci di tutte le vittime di mafia; vedere ciò che ci viene nascosto o che talvolta non vorremmo vedere; parlare, raccontare e gridare per denunciare le complicità. Vogliamo farlo come studenti, a partire dai luoghi che frequentiamo quotidianamente: le scuole e le università, le piazze, le strade. I luoghi della formazione e della cultura devono essere dei nodi di resistenza alle mafie, e lo possono essere se e solo se non vi è una gestione amministrativa opaca, clientelare o autoritaria, ma trasparente e democratica; scuole e università possono essere un reale anticorpo alle mafie se al loro interno gli studenti sono protagonisti del loro percorso di formazione, perché è in questo modo che nasce il vero senso di cittadinanza responsabile; e questi anticorpi sono efficaci se si intrecciano col territorio, aprendosi come spazi di cultura, socialità e cittadinanza durante tutta la giornata, perché altrimenti rimangono cattedrali nel deserto sempre più deserte e riempite di vuoto. E’ dell’inclusione che, nei contesti difficili, può fare la differenza. Le politiche di tagli e distruzione della scuola pubblica del ministro Gelmini invece hanno acuito la diffusione dei fenomeni di abbandono scolastico: l’ex ministro era evidentemente troppo impegnata a premiare le ‘’eccellenze’’ per accorgersi di consegnare alla strada ragazzi che avranno a causa di ciò come unica possibilità di riscatto quella della carriera criminale. Accanto al lavoro nei luoghi della formazione è necessario un impegno di ricostruzione del tessuto sociale.Per realizzarlo è necessario che i beni confiscati alle mafie, garanzia cumulativa del potere mafioso, siano restituiti alla collettività, trasformandoli in occasioni di riscatto per quei giovani che altrimenti si vendono completamten negato un futuro. Sono luoghi che si sottraggono all’idea del mercato perché si affermano attraverso meccanismi di mutualismo, solidarietà, e permettono di sviluppare un’economia sociale non finalizzata al profitto. Ma è chiaro che l’impegno e la buona volontà non sono sufficienti: sono necessarie forme di tutela sociale per sottrarre al ricatto della precarietà gli studenti e i lavoratori. Per questo il reddito di formazione e il reddito di cittadinaza costituiscono dei potenti strumenti di prevenzione alle mafie.
Materiali e link di approfondimento
- Sacra Corona Unita: la mafia fluida
- la mafia cinese è come la ‘ndrangheta
- Mafie al nord/ Lavorare secondo il “sistema ‘ndrandgheta”
- Mafie al nord / La mafia in altalena – narcomafie
- Mafie al nord / Dove la mafia è di casa
- Io mi chiamo Giovanni Tizian
- Lea Garofalo, il processo / dossier di Narcomafie
- Mauro Rostagno: riaperto il processo / dossier di LiberaInformazione
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