Il 10 ottobre entreremo in scena. Non rimarremo spettatori passivi mentre si riforma la scuola e il mercato del lavoro contro i nostri bisogni e i nostri desideri. La Buona Scuola di Renzi è una scuola che apre le porte agli interessi delle imprese, che da più poteri ai presidi, che valuta e punisce docenti, studenti e scuole, che assume la competizione e le classifiche come unico fine, che si appiattisce alle esigenze di un mercato del lavoro che ha bisogno di manodopera a basso prezzo, precaria e senza diritti invece che vedere nei saperi un investimento per ribaltare l’attuale modello di sviluppo ormai sempre più insostenibile. Una “buona scuola” della precarietà, condizione che attanaglia le nostre generazioni e che ci impedisce di immaginare il nostro futuro.
Siamo stanchi di promesse e di interventi minimi che non cambiano le condizioni materiali degli studenti che devono far fronte a costi sempre più esosi per poter studiare. Le altissime percentuali di dispersione scolastica, i costi sempre più alti per studiare, dai trasporti fino ai libri di testo, delineano un Paese che non crede più nel valore sociale dell’istruzione, che espelle tanti giovani da scuole e università privilegiando un modello sociale ed economico fondato sulla precarietà, sulle basse competenze e sui salari da fame. Questa assurda tendenza viene confermata dal Jobs Act, che continua a inseguire il mito fallace della precarietà come risoluzione della crisi.
Ma questa non è il nostro modello di istruzione, di lavoro e di società. Vogliamo un’istruzione gratuita e di qualità per tutte e tutti, un reddito di formazione per poter studiare quello che vogliamo indipendentemente dal contesto famigliare, spazi all’interno e fuori dalle scuole per organizzare attività e dare spazio alla nostra creatività, un nuovo modello di didattica per non ridurci ad essere dei contenitori di nozioni sterili, una valutazione che non faccia rima con punizione, stages di qualità che non si riducano a lavoro non pagato e senza alcuna valenza formativa, nuovi programmi aperti alle differenze culturali, sessuali e religiose. Vogliamo tanto altro, ma tocca a noi immaginare l’alternativa e farci sentire in tutto il Paese, scuola dopo scuola, piazza dopo piazza: lo faremo il 10 ottobre e torneremo a farlo tutti assieme il 14 novembre, giornata di sciopero sociale da nord a sud dell’Italia.
Riempiremo le piazze di centinaia di città italiane lanciando tre parole d’ordine al Governo e al Paese intero per uscire dalla crisi: istruzione libera e gratuita per tutte e tutti; diritti di cittadinanza e welfare universale; basta con la precarietà.
Abbiamo fame di diritti, di partecipazione, di democrazia.
La scuola non si paga e non si vende!
#10o #entrainscena